Accessi vascolari per emodialisi: finalità della procedura
Nonostante gli enormi progressi nella diagnosi precoce delle malattie renali l’insufficienza renale cronica allo stadio terminale ha tuttora un grande impatto sanitario e sociale. La dialisi, cioè il trattamento sostitutivo che permette di depurare il sangue da cataboliti tossici, di riequilibrare il contenuto di ioni e di ridurre la volemia, rappresenta l’unica possibilità di sopravvivenza per la maggior parte di questi pazienti.
Il trattamento emodialitico avviene mediante il collegamento del sistema vascolare del paziente ad una macchina (il cosiddetto “rene artificiale”) mediante l’infissione di due aghi nel distretto venoso superficiale: un ago è collegato ad una pompa che aspira il sangue e lo veicola alla macchina dialitica che lo depura attraverso una serie di filtri e lo reimmette, purificato, nel circolo del paziente attraverso il secondo ago.
Affinchè tutto questo avvenga routinariamente e senza intoppi è necessario che l’accesso vascolare venoso sia facilmente pungibile (superficiale) e ad alto flusso.
Risulta intuitivo che una vena superficiale nativa di un arto superiore (accesso normalmente utilizzato per fleboclisi o prelievi ematici) sia idonea per localizzazione ma non per portata a questo tipo di trattamento.
E’ possibile collegare un’arteria con una vena superficiale al fine di generare un condotto venoso ad alto flusso, requisito essenziale per una dialisi cronica efficace.
Esecuzione
- Anestesia: anestesia locale
- Durata: 40 minuti
- Procedura:
- piccola incisione all’arto superiore scelto (polso o gomito)
- collegamento chirurgico dell’arteria radiale/omerale con le vene superficiali vicine
Periodo post-operatorio
Dopo l’intervento è necessario attendere un tempo di “maturazione” di almeno 4-6 settimane durante il quale la vena acquisisce un calibro adeguato, una tensione e una portata idonee ad essere punta con 2 aghi 3 volte alla settimana.
E’ indispensabile che prima dell’utilizzo il paziente esegua una valutazione specialistica con ecodoppler e soprattutto che segua un programma di follow-up a cadenza semestrale volto alla conservazione il più a lungo possibile dell’accesso.